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Pasquale Cocco, martire delle ardeatine, raccontato dalla nipote Franca Sanna

Immagine rappresentativa per: Pasquale Cocco, martire delle ardeatine, raccontato dalla nipote Franca Sanna

Pasquale Cocco sottufficiale pilota di Sedilo - Martire delle Fosse Ardeatine Iscritto ad honorem al Fronte Combattente dell'Aeronautica. Qualificato partigiano combattente per il periodo 8 Settembre 1943 - Marzo 1944.

Quando il sindaco di Sedilo Dott. Salvatorangelo Zonchello nel 1946 riunì il consiglio comunale per deliberare in merito all'affissione di una targa-ricordo nella casa natale di Pasquale Cocco, tre consiglieri votarono contro perché ritenevano che egli fosse un morto in guerra alla stregua degli altri 59 del paese e quindi non potessero essere fatte distinzioni tra i morti.

Il discorso non faceva una grinza per chi allora non aveva cognizione del fatto che le Fosse Ardeatine non furono uno dei tanti episodi sciagurati della guerra, avvenuto tra militari, in un campo di battaglia, bensì un simbolo, tutt'ora inalterato, dell'estremo sacrificio di persone inermi e innocenti e di persone che non intendevano venir meno alla propria dignità e ai propri ideali e per questo ferocemente trucidate.

L'eccidio delle Ardeatine è avvenuto in un ambiente metropolitano, in una Roma culla della civiltà, sede papale, dichiarata città aperta, ma in realtà oppressa, prostrata, umiliata dall'invasione e dall'asfissiante controllo dei tedeschi che razziavano, rastrellavano, deportavano, fucilavano quotidianamente a Forte Bravetta o nelle strade chi dissentiva , agevolava i partigiani, era ebreo, favoriva in qualche modo l'arrivo degli alleati che era ormai imminente. Sebbene una spettacolare resa dei conti non fosse esclusa in fase di abbandono di una città apertamente ostile e battagliera, quella strage è stato un micidiale e truce colpo di coda.

L'eccidio delle Ardeatine attuato il 24 marzo 1944, con furia, in tutta fretta e con l'occultamento dei corpi fu l'esito dell'attentato in Via Rasella avvenuto la sera del 23 , meno di 24 ore prima, ad opera di 19 gappisti. Ne fecero parte Carlo Salinari, Franco Trombadori, Raoul Falcioni, Rosario Bentivegna, Carla Capponi, Pasquale Balsamo più tutti gli altri in ruoli di appoggio e più defilati, ma non meno importanti, compreso quello di Francesco Curreli di Austis e di altri gap di origine sarda come Marisa Musu e Silvio Serra, studente di Cagliari. Notevole il ruolo di Giorgio Amendola, importante quello di Guglielmo Blasi, che qualche mese dopo rivelerà ai tedeschi i nomi di buona parte dei gappisti che finiranno in Via Tasso, torturati e condannati a morte; solo Carlo Salinari e qualche altro si salveranno in modo fortunoso.

Un ordigno con 18 kg di tritolo posizionato dentro un carrello da netturbino uccise 33 altoatesini dell'11° battaglione Bozen che transitava abitualmente alla stessa ora in quella via, più 2 civili tra cui un bambino di 11 anni, Pietro Zuccheretti, completamente dilaniato, di cui trovarono la testa più altri sei pezzi insufficienti a ricostruirne l'intero corpo.

La reazione fu una rappresaglia immediata e feroce , coordinata da tutto il comando tedesco, ma attuata in prima persona da Kappler. Tutte le abitazioni della via vennero crivellate dai proiettili, le case perquisite, gli abitanti e i passanti della zona rastrellati e messi spalle al muro per ore prima che fossero in buona parte arrestati. Hitler in persona ordinò la feroce rappresaglia: radere al suolo l'isolato con tutti i suoi abitanti, uccidere 50 italiani per ogni tedesco e deportare in massa tutti i maschi di Roma. Nella foga di attuare quest'ordine decisero infine di uccidere 10 italiani per ogni tedesco, quindi 330 persone da scegliere tra le 155 già incarcerate in Via Tasso e a Regina Coeli per motivi politici, più 70 ebrei arrestati nei giorni precedenti, nonostante avessero pagato col peso di 50 chili d'oro la loro immunità, subìto la distruzione degli archivi, il doloroso rastrellamento di 1200 ebrei del 16 ottobre e la deportazione in massa ad Auschwitz. Alla lista dei tedeschi vennero aggiunti 50 nomi forniti dal famigerato questore di Roma Pietro Caruso e dal tenente Kock, che nelle pensioni Oltremare e Jaccarino torturava i malcapitati di turno,(doveroso ricordare il giovane ed eroico tenente Giglio, martoriato al punto che è stato portato in braccio alle Fosse Ardeatine perché non stava in piedi) più una lista di civili di ogni età (da 15 a 75 anni), di ogni condizione sociale, professione o ruolo militare, il sacerdote Don Pappagallo, più membri della stessa famiglia (la famiglia Di Consiglio con 7 membri uccisi ha viste sterminate 3 generazioni) e inoltre i rastrellati in via Rasella e dintorni, compreso un ragazzino di 15 anni casualmente andato a studiare a casa di un compagno di scuola, il signore che era andato da un barbiere, commercianti e avventori casuali nei negozi della zona. In tutto 335 persone, cinque delle quali uccise per un errore nel conteggio dei nomi, ma deliberatamente massacrate per non lasciare testimoni scomodi.

A eccidio compiuto, nella mattina del 25 marzo, tramite il Messaggero il comando tedesco emise questo comunicato: "Nel pomeriggio del 23 marzo 1944, elementi criminali hanno eseguito un attentato con lancio di bombe contro una colonna tedesca di polizia in transito in Via Rasella. 32 uomini della polizia tedesca sono stati uccisi. Il comando tedesco è deciso a stroncare l'attività di questi banditi scellerati. Nessuno dovrà sabotare impunemente la cooperazione italo-tedesca nuovamente affermata. Il comando tedesco ha perciò ordinato che per ogni tedesco assassinato dieci comunisti badogliani saranno fucilati. Quest'ordine è già stato eseguito".

Erano persone uccise per quello che avevano fatto (i partigiani), per quello che non avevano voluto fare (i dissenzienti a combattere a fianco ai tedeschi), per quello che erano (gli ebrei), per dove erano (i rastrellati).

Erano vittime innocenti e martiri consapevoli che, rifiutando di seguire la legge dell'oppressore, avrebbero pagato con la vita; in quest'ultima categoria va ascritta la vicenda di Pasquale Cocco.

Era nato a Sedilo il 5 Gennaio 1921 da Antonio Ignazio Cocco e Maria Luigia Mameli, rimase orfano di padre all'età di 10 giorni. Frequentò le scuole elementari a Sedilo, poi il ginnasio presso i Salesiani a Santulussurgiu. Alla fine degli anni 30 si iscrisse a un corso di pilotaggio presso l'aeroporto di Borore e conseguì il brevetto di pilota civile di 1° grado. Quando venne chiamato alle armi nel corpo dell'Aeronautica, decise di intraprendere la carriera militare quindi in fasi successive seguì corsi di addestramento e di specializzazione in vari aeroporti del continente, ad Orvieto, a Frosinone, a Salerno e infine a Foligno,uno degli aeroporti militari più importanti d'Italia con una scuola per piloti di grande eccellenza. Tra gli altri vi era di stanza Emanuele Rosas, famoso pilota sassarese chiamato "diavolo rosso".

Nell'8 settembre 1944 Pasquale Cocco era appunto a Foligno il cui aeroporto militare, in posizione strategica, fu uno dei primi ad essere occupato e successivamente distrutto dai tedeschi. Il comandante dell'aeroporto, generale Ambrosio, emise subito un ordine che imponeva di rischierare i reparti, Pasquale Cocco venne designato al battaglione Buccari che avrebbe poi combattuto con i tedeschi. Ma Cocco, anche approfittando del marasma generale decise da solo il proprio destino: tagliò la corda e cercò di rientrare in Sardegna; una soluzione che ben presto si rivelò impossibile. Civitavecchia, ma tutto l'alto Lazio erano percorsi da una marea di sardi, più sbandati degli "sbandati"in quanto isolani, costretti a una vita difficile e piena di pericoli; non per niente proprio i sardi, là e allora, pagarono un alto contributo di sangue.

Dall'8 settembre la famiglia perse i contatti con Pasquale, si sa per certo che verso il 20 settembre si fermò a Tivoli presso una famiglia di Sedilo, ma dopo qualche giorno si avviò a Roma.

Non è dato sapere se, a seguito del rifiuto di stare nel battaglione cui era stato assegnato, abbia vissuto in uno stato di semi-clandestinità, si sa che andò a pensione presso una famiglia di sardi, è probabile che abbia frequentato ambienti dell'aeronautica militare, è possibile che sia entrato in contatto con altri conterranei, certamente ha incontrato Gavino Delunas che divenne suo amico, benché fosse più grande di lui di oltre 10 anni.

Gavino Delunas era stato ufficiale postale ad Aidomaggiore, avevano amici in comune anche a Sedilo, tra gli altri Il dottor Mario Zonchello, dei cui figli Lelio ed Elvio, Pasquale era grande amico. Al dottor Mario Zonchello, medico condotto anche ad Aidomaggiore, Delunas aveva dedicato un componimento in sardo; insomma tra lui e Pasquale esisteva un buon feeling e un senso di appartenenza a dei paesi in cui avevano lasciato famiglia e affetti.

Vigeva l'obbligo per i giovani della sua età, 23 anni, di presentarsi alle armi, pena la denuncia dei renitenti, essere braccati dai fascisti e dai tedeschi, l'arresto, la deportazione, oppure una vita di clandestinità irta di pericoli data la situazione nella città e senza l'appoggio di una famiglia.

A Roma e dintorni era attivissimo padre Luciano Usai di San Gavino , un missionario saveriano che aveva ricevuto da Francesco Maria Barracu di Santulussurgiu, diventato sottosegretario alla presidenza del consiglio nella repubblica di Salò (poi ucciso a Dongo ed esposto in Piazzale Loreto con Mussolini e Claretta Petacci), l'incarico di contattare individualmente o con manifesti tutti i sardi, coadiuvato nell'opera di proselitismo da Don Ledda di Sindia che faceva gli appelli via radio. Costoro promettevano di far tornare in Sardegna tutti i sardi che si fossero arruolati nel costituendo battaglione "Giovanni Maria Angioy" il cui compito sarebbe stato quello di liberare la Sardegna dagli invasori che, si diceva come arma di persuasione, stavano razziando i paesi, compiendo ogni genere di infamie e bombardando le città.

Piuttosto che vivere da clandestini e rischiare l'arresto troviamo Pasquale Cocco e anche Gavino Delunas, nel ruolo di capitano e diretto superiore di Cocco, cooptati nell'Ufficio Assistenza Sardi, quartier generale di Francesco Maria Barracu e Padre Usai, con sede in Palazzo Salviati in Via della Lungara, dove aveva sede la scuola ufficiali.

Successivamente troveremo nella scuola militare anche il Prof. Salvatore Canalis di Tula, insegnante di latino e greco, trucidato anch'egli nelle Fosse Ardeatine.

Il compito della struttura di Barracu è formare il battaglione, ma anche un'intensa attività di spionaggio in favore dei tedeschi, con i quali il battaglione deciderà di combattere nel Nord Italia. E' del 15 Novembre una nota del capo di stato maggiore Gambara al sottosegretario Barracu in cui segnala il malumore che serpeggia tra i militari reclutati per la costituzione del battaglione perché uno dei colonnelli ha reso noto che il battaglione combatterà a fianco dei tedeschi. Un capitano e alcuni sottufficiali " consigliano ai reclutati di allontanarsi". Chi siano il capitano e i sottufficiali che consigliano di allontanarsi é facile intuirlo: finiranno arrestati, fucilati o trucidati alle fosse Ardeatine!

E' possibile che il colonnello in questione sia Achille Manso condannato in seguito per aver fatto fucilare dai tedeschi, in modo cinico, un suo ufficiale e avviato alla Risiera di San Sabba circa 300 alpini, oppure Bartolomeo Fronteddu di Dorgali, al vertice del battaglione, che in seguito verrà ucciso, ma la questione è controversa, dai partigiani: la conseguente rappresaglia dei tedeschi sarà la mattanza di 10 persone, tra cui il medico oristanese Flavio Busonera.

A metà dicembre il battaglione "Giov. Maria Angioy" parte a Cremona, Pasquale Cocco ancora una volta non vuole combattere con i tedeschi ed evita la partenza, ma segna il suo destino.

Su di lui, ma anche su Delunas, pende il sospetto di appoggio alla lotta clandestina militare e civile, sono sotto stretta osservazione, si cerca di farli cadere in alcuni tranelli orditi dagli scherani di padre Usai, che Cocco riesce a stento a scansare e a identificarne gli autori che, manco a dirlo, sono tra i 18 fedelissimi del cappellano poi addestrati dai tedeschi per essere paracadutati in Sardegna presso Bitti anche se, per errore atterreranno in quel di Ardauli e nella spiaggia di Is Aruttas.

La delazione in quel periodo era un business, sembra certo che un sardo abbia consegnato ai tedeschi una lista di 50 nomi in cambio di 200.000 lire. Cocco e Delunas, insieme ad altri sottufficiali tra cui Pio Sartelli fuggito da una finestra durante una retata tedesca e tale Leandro Pittalis di Sassari ucciso mentre tenta di scappare, vengono sospettati di atti di sabotaggio. Cocco pare sia stato arrestato ai primi di febbraio in una trattoria, qualche settimana dopo anche il Capitano Delunas. Ma pone qualche dubbio anche quanto accaduto il 3-4 febbraio: la retata del tenente Kock che, accompagnato da 120 fascisti guidati da Giuseppe Pizzirani e dal prete delatore don Epaminonda con l'inganno entrano nella cattedrale di San Paolo e arrestano 67 persone tra cui il generale dell'aeronautica Monti, 20 sottufficiali renitenti e 9 ebrei che verranno avviati ai campi di concentramento. I sottufficiali invece saranno inviati al nord nella RSI per essere condannati a morte, secondo una legge che sarà emanata il 18 di febbraio.

Pasquale Cocco pur di non andare al nord pare si tagli le vene ai polsi, ma finisce in Via Tasso, destinazione la cella numero 5 che fino a qualche giorno prima aveva "ospitato" l'eroico colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo.

Suoi compagni di cella saranno il sardo avv. Giorgio Mastino Delrio di Ballao, liberato qualche giorno prima dell'eccidio grazie anche alle sue buone conoscenze in Vaticano, il medico dott. Manlio Gelsomini , lo studente diciottenne Orlando Orlandi Posti, un certo Alvino maresciallo paracadutista, tali Leonardi e Cicconi.

Il 24 marzo Cocco, Gelsomini , Orlandi e Leonardi saranno uccisi alle Fosse Ardeatine.

Verranno caricati sui camion con le mani legate dietro la schiena e portati in una cava di pozzolana sulla Via Ardeatina, fatti entrare nei corridoi della cava e uccisi con un colpo alla nuca a gruppi di cinque. Nessuno oppone resistenza, anzi agevola come può una fine inevitabile. Ogni gruppo sale sui corpi di chi li ha preceduti nel martirio, i padri sui corpi dei figli e viceversa. Kappler, Priebke, Schutz e altri 70 tedeschi si alternano nell'attuazione della strage che, cominciata alle due del pomeriggio si conclude alle otto di sera. Alla fine per occultare i corpi vengono fatte brillare delle mine che facciano crollare le volte e chiudano l'entrata. Qualcuno che portava al pascolo dei maiali nei pressi sentì gli spari, ma anche il canto: "Si scopron le tombe..." e il grido "viva l'Italia!".

In meno di 24 ore la voce che molti degli scomparsi e degli arrestati potessero essere finiti nelle cave si diffonde nell'intera città.

Comincia verso le Fosse Ardeatine un pellegrinaggio che ancora oggi non si è mai interrotto.

Con l'arrivo degli alleati viene istituita una commissione guidata dal Prof. Ascarelli dell'Università di Roma, insignito di medaglia d'oro per l'ingrato compito della riesumazione e del riconoscimento delle salme. Pasquale Cocco è la salma n°137, nelle sue tasche viene ritrovata, pressoché illeggibile, una lettera a una ragazza che frequentava e che insieme ad altri fu chiamata ad effettuare il riconoscimento, un biglietto di propaganda del Partito d' Azione, due medagliette, una di San Francesco e l'altra di Santa Caterina: i due patroni d'Italia.

L'eco della strage alle Fosse Ardeatine aveva suscitato sdegno e scalpore in tutto il mondo; anche a Sedilo via radio e sui giornali regionali, era arrivata l'eco dell'eccidio di Roma, la famiglia che non aveva notizie di Pasquale da mesi era in forte apprensione, ma escludeva che fosse tra quegli uccisi perché fino a giugno continuava a ricevere i suoi saluti per radio ogni domenica mattina: era evidentemente una voce preregistrata. La notizia ufficiale venne comunicata ai primi di Dicembre e annichilì la famiglia.

Era una famiglia di quattro donne già provata da precedenti lutti: quello del capofamiglia di 53 anni, quella del figlio maggiore, segretario comunale di 25 anni e infine la morte di Pasquale di 24 anni.

Tutto Il paese, colpito dalla morte di un giovane allegro, gioviale e avviato ad un futuro brillante, si strinse attorno alla famiglia che, sia pure nella continua ricerca di notizie soprattutto da parte dei compaesani che potevano avere avuto contatti con lui, si chiuse nel silenzio secondo la cultura del tempo e del luogo. Un atteggiamento che, si è saputo in seguito sorprendentemente, è stato tenuto da tutte le famiglie dei martiri.

Noi nipoti abbiamo sentito tanto di queste vicende, ma non abbiamo mai visto lacrime al ricordo del figlio e del fratello, mai abbiamo visto la nonna in giro per il paese, teneva sempre le foto del figlio nel suo comodino, mai viste le zie alle feste paesane, mia madre per la morte di questo fratello portò il lutto perenne. Anche il modus vivendi di noi della seconda generazione fu influenzato da una atmosfera di grande riserbo: mai feste in casa o ricorrenze vissute sopra le righe.

Solo a distanza di tanti anni è stato deciso di riafferrare la memoria di quel tragico evento.

A Roma i familiari, soprattutto le vedove, si erano chiusi nel silenzio, ma insorgevano, e insorgono ancora, quando i responsabili dell'eccidio salivano alla ribalta della cronaca: durante i numerosi e clamorosi processi, quando Kappler - con molte connivenze anche in Italia - evase in Germania chiuso dentro una valigia, quando Priebke, evaso nel ‘46 da un campo di Rimini venne trovato a Bariloche da una giornalista americana della ABC mentre conduceva una agiata vita di pensionato, quando più recentemente gli furono concessi gli arresi domiciliari proprio a Roma, tranquillo vicino di casa delle sue stesse vittime, fino all'incredibile e recente vicenda dei suoi funerali.

Oggi a Sedilo è ricorrente ritrovarsi nei luoghi che ricordano Pasquale Cocco: la targa nella sede del Comune, la targa affissa nel 1946 nella facciata della casa dove nacque e visse, la piazza Pasquale Cocco con un cippo in memoria e la Via Fosse Ardeatine che ricorda i 335 martiri tutti: la figura di Pasquale Cocco esce dall'ambito della famiglia e viene affidata alla comunità di Sedilo a cui lascia un monito contro la guerra e un patrimonio di grandi ideali.

E' doveroso rivolgere un pensiero a tutti i martiri, in particolare ai sardi: Gavino Luna, postelegrafonico-poeta-cantante - Padria; Giuseppe Medas, avvocato - Narbolia, Salvatore Canalis, professore di lettere - Tula, Candido Manca, ufficiale dei carabinieri - Dolianova, Agostino Napoleone sottotenente di Vascello - Carloforte, Gerardo Sergi, sottotenente dei CC. - Portoscuso, Sisinnio Mocci, attivista del PCI - Villacidro, Ignazio Piras, contadino - Lotzorai.

Franca Sanna (nipote di Pasquale Cocco, figlia della sorella Gavina).

Tratto dal blog: www.natalinopiras.it

Martires in s'Ardeatina Fossa


Sonadu no han toccos de agonia
sos brunzos de Roma capitale
prò treghentos trintachimbe eroes.
Nen cunfortu lis hat dad'una Maria
cand'olad'est s'anima immortale
sen'attitidos, piantos ne aloes.

De sa vida sun brivos sos eroes
sena dolu nen males nen motivos,
nen fìores nen rechies prò consolu
e sa Iosa prim'e morrer l'hana ida.
Sun brivos sos eroes de sa vida
sena dolu nen males nen motivos,
sos eroes de sa vida sunu brivos
sena motivos nen males nen dolu,
nen fìores nen rechies prò consolu
e prim'e morrer sa Iosa ida l'hana.
Proit'has fatu Alemagna sa marrana,
sos mortos 'e Rasell' has vendicadu,
pr'onzunu degh'e piùs nd'has maselladu
e han sufridu cun penas sas cadenas.

Istestadas in carré ia sas carenas
a muntones sun che saccos imboladas
da-e barbaros germanicos plotones
sa tirannia brotand'a porfìa.

Sas carenas istestadas in carré ia
a muntones sun che saccos imboladas,
in carré ia sas carenas istestadas
sun che saccos imboladas a muntones,
da-e barbaros germanicos plotones
a porfìa brotande tirannia.
Imbreagados si sun de bramosia
in s'Ardeatina fossa in cussu situ
ma calmadu non si l'hana s'apetitu
faghinde de boria sas succhenas.
Sonadu no han toccos de agonia
e cadenas han suffridu cun sas penas.
Temperai'est arrivadu cun pienas
e su tribuni Ichnusa l'has pagadu,
martire fìzu tou punì est rum
un'ideale difendinde puntuale.
Arri vad'est cun pienas temporale
e su tribuni Ichnusa l'has pagadu,
cun pienas temperai'est arrivadu
e l'has pagadu Ichnusa su tribuni,
martire fìzu tou punì est rum
puntuale difendinde un'ideale.

Martire sedilesu est Pasquale
poberittu sena babbu fìt restadu
da 'edad'e deghe dies orfanadu,
zovan'est mortu, pro biver hat patidu.

Sonadu no han toccos de agonia
e cun cadenas sas penas hat suffridu.
S'amore fìt sognand'e nd'est partidu
prò fagher in sos chelos s'aviatore
ma crudele cun rezelos su destinu
pilisande fìt sos fìlos e segande.
Est partidu e s'amore fìt sognande
prò fagher in sos chelos s'aviatore,
partid'est e sognande fìt s'amore
s'aviatore prò fagher in sos chelos,
ma su destinu crudele cun rezelos
fìt sos fìlos segand'e pilisande.
Cun Gavinu a chiterra fìt sonande
e amigos sun'istados in sa vida,
ambos paris fatta l'han sa dispedida
onorande Padria Sedilo Sardigna.

Sardos noe cun memoria digna
lassad'han gai sa vida terrena.
Agabadu han sa vida in pena
s'operaiu su tenente s'avocadu
in pena sa vida han'agabadu
marineris professore cun massaiu.
S'Ardeatina catacumb'est su sacrariu
uè prò seculos biven su reposu
martires dignos d'eternale gosu.
Frisc'una Iosa tremulande tocco
e piango tziu meu Pasquale Cocco.

Tonino Sanna

Tratto da: Logos - Anno 2005

[18 marzo 2014]

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