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Intervista a Cristina, la ricercatrice biotech

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Cristina Costelli, laureata in biotecnologie molecolari ed industriali presso l’università di Bologna, è la brillante ricercatrice sedilese che lavora a Polaris, nel parco scientifico e tecnologico della Sardegna.

Parlaci di te...

Ho 28 anni e mi sono laureata in biotecnologie molecolari ed industriali presso l’università di Bologna il 17 dicembre del 2010. Per la mia tesi di laurea ho svolto un internato di un anno dove mi sono occupata di sviluppare un biosensore molecolare che permettesse di rilevare in vivo, grazie all’utilizzo di due reporter bioluminescenti, la presenza di NF-kB. L’importanza di questo sensore sta nel poter studiare le alterazioni nella via di segnalazione di una proteina che risulta presente in molti stati patologici umani fra i quali i processi infiammatori e il cancro, in modo sensibile e non invasivo.

Di cosa ti occupi?

Lavoro presso la BT Srl dove mi occupo del miglioramento di ceppi di alghe per la produzione di biocarburanti rinnovabili e non tossici per l’ambiente. Se si pensa che già nel 2015 la quantità di petrolio non sarà sufficiente a soddisfare la richiesta mondiale, si può capire l’importanza di adoperarsi alla ricerca di fonti alternative che siano economicamente vantaggiose. Da non sottovalutare è anche l’impatto ecologico, visto che ogni giorno vengono immesse nell’atmosfera grandi quantità di CO2 che contribuiscono all’inquinamento globale e che invece queste specie utilizzano normalmente per vivere.

Come si diventa ricercatori?

Anche se in Italia le figure professionali chiamate ricercatori sono quelle dell’Università e del CNR, in realtà il ricercatore è qualunque lavoratore che svolge un’attività di ricerca. Di conseguenza per diventare ricercatori sono indispensabili la passione per la scoperta e anni di studio. Infatti non tutti quelli che si laureano in ambito scientifico sono portati per la ricerca che richiede continuo aggiornamento (la fortuna aiuta la mente preparata), orari di lavoro flessibili, forte spirito critico e capacità di sapersi interfacciare con gli altri in maniera produttiva. Una continua sfida con te stesso, con le tue capacità con le quali puoi contribuire ad un passo in avanti della scienza verso nuove frontiere ancora inesplorate. È un lavoro impegnativo che in Italia però non fornisce garanzie per il futuro.

Si parla spesso di cervelli in fuga e della difficoltà di fare ricerca in Italia, come sta la ricerca in Sardegna?

In Sardegna esistono due poli di eccellenza Porto Conte ad Alghero dove si occupano di ricerca e sviluppo nel settore delle tecnologie alimentari e delle biotecnologie applicate, e il Polaris a Pula dove invece si portano avanti studi di ricerca nei settori delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni, della biomedicina, delle tecnologie per la salute, della bioinformatica e dell'energia.
Anche se negli ultimi anni sono stati stanziati diversi contributi e borse di studio che permettono a giovani ricercatori come me di lavorare nell’isola, sono ancora molte le persone qualificate che spesso sono costrette a reinventarsi o a partire all’estero. Occorre dunque un maggiore sforzo per attrarre nuovi capitali che incentivino la ricerca scientifica promuovendo così il progresso.

All'estero probabilmente avresti molte più opportunità, come mai hai deciso di restare a lavorare in Sardegna?

Sicuramente all’estero qualunque ricercatore ha la possibilità di affermare appieno le proprie potenzialità poiché sia gli Stati che gli enti privati destinano grandi finanziamenti alla ricerca di base. Inoltre essere italiano in questo settore è sinonimo di preparazione e competenza. Io però ho fatto una scelta controcorrente, voglio provare a trovare una mia strada qui, nella terra che amo e che vorrei vedere sulle prime pagine dei giornali per le importanti ricerche che vi vengono svolte e non solo per i posti meravigliosi di cui è ricca.

Com'è posizionata la Sardegna e l'Italia nel campo delle biotecnologie?

Nell’era post moderna le biotecnologie si sono presentate come il futuro, e mentre in molti Stati le persone si sono specializzate, le aziende hanno investito su queste nuove figure, crescendo al passo coi tempi e generando ricchezza, occupazione e benessere, in Italia nonostante siano stati attivati corsi di laurea prestigiosi le biotecnologie, per molti versi rappresentano ancora il futuro e non il presente. Le poche aziende biotecnologiche godono comunque di ottima salute e registrano un aumento annuo del loro fatturato. La Sardegna è al sesto posto tra le regioni italiane per numero di imprese biotecnologiche, prima tra le regioni meridionali, questo è un dato che fa ben sperare per il futuro.

Nella tua vita non c'è solo la ricerca, sei candidata per il rinnovo del consiglio comunale di Oristano.

Si, diciamo che stanca di lamentarmi delle cose che non funzionano e che andrebbero cambiate sono passata dalle parole ai fatti. Quello che ho notato è che c’è un forte malcontento generale sia per la situazione comunale che per quella nazionale, ma la cosa più triste è osservare la rassegnazione delle persone che non vogliono combattere perché convinte che tanto non si può cambiare nulla. Io non sono d’accordo, la storia insegna che volere è potere, per cui se si vuole vivere in un mondo migliore occorre impegnarsi e partecipare attivamente affinché sia possibile assistere ad un mutamento concreto.

Come vedi il mondo tra vent'anni, in relazione alle nuove tecnologie?

Non saprei, il mondo negli ultimi decenni ha subito profonde trasformazioni che hanno rivoluzionato il modo di vivere e lavorare (es. internet, telefonini, sequenziamento del DNA, OGM). Spero solo che le nuove tecnologie permettano di migliorare la qualità di vita dell’uomo consentendogli di guardare il futuro con ottimismo!

[29 maggio 2012]

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